“Ho visto un mostro enorme sotto al letto, io non ci dormo qui questa notte”.
“Devi stare tranquillo, i mostri non esistono. Tutti i bambini alla tua età dormono da soli”.
Questa ed altre potrebbero essere le risposte tipiche di genitori stremati dalle paure del proprio figlio. Ma siamo sicuri che la paura nel processo di crescita del bambino sia così negativa?
La paura, secondo il modello del cervello trino di Paul Mc Lean, è stata definita un’emozione primaria e fin dall’uomo primitivo accomuna tutti gli esseri umani. Certamente le paure dall’età della pietra ad oggi sono cambiatesi perché col passare del tempo l’essere umano ha acquisito conoscenza ed esperienza dei diversi stimoli ed ha imparato a distinguere tra quali sono pericolosi e quali lo sono meno.
Dunque è lecito porsi una domanda: come mai attualmente nei bambini di oggi frutto di questo tempo emergono così tante paure a volte “illogiche”?
Il primo punto da specificare è che i bambini presentano una labilità di confine tra mondo interno e mondo esterno. Tutti gli esseri umani, tendono a confondere i pensieri con i fatti ma i bambini tendono a farlo con più frequenza. Infatti, è sufficiente pensare che crede alle favole o a personaggi immaginari per cui non sarà difficile per lui credere che ci sia un mostro sotto al letto.
In secondo luogo possiamo affermare che esistono delle paure definite fisiologiche legate alla specifica fase evolutiva del bambino che tendono a scomparire naturalmente. Possiamo suddividerle in tre categorie:
- paura di eventi esterni, persone o animali (es. buio, ladri, insetti)
- paura di creature immaginarie (es. mostri, fantasmi)
- paura delle proprie inadeguatezze (es. paura di sbagliare, fare brutta figura)
Più il bambino è piccolo e più le paure appaiono irrazionali ed illogiche mentre crescendo si fanno più complesse ed articolate, interessando maggiormente la sfera sociale e relazionale.
In terzo luogo è bene definire come la paura, tanto nei grandi quanto più nei bambini, è spesso associata all’acquisizione di una nuova abilità o conoscenza. Pensiamo infatti ad un bambino che per la prima volta vede il fuoco, il mare o sente il vento, la sua risposta primaria potrà essere o di attivazione generale di pericolo e ricerca di vicinanza protettiva da parte delle figure di riferimento oppure di esplorazione con i cinque sensi o di immobilizzazione. E’ solo in questo modo che nella mente del bambino si cominceranno a formare delle memorie in grado di rievocare successivamente la rappresentazione cognitiva di quello stimolo. E’ bene sottolineare come non sempre le reazioni di paura siano immediatamente comprensibili all’adulto: enuresi e encopresi, tendenza all’isolamento, aggressività o impulsività, passività, regressione ad uno stadio precedente di sviluppo o adozione di comportamenti anomali possono essere segnali.
Quarto punto: la paura non è un’emozione negativa. Può essere spiacevole ma è estremamente funzionale sia al processo di crescita e sviluppo del bambino sia a tenerlo lontano dai pericoli.
Il suo meccanismo è tanto semplice quanto ancestrale: il bambino rileva uno stimolo che gli genera uno stato di allerta generale. Successivamente, questo stato di attivazione che ne consegue lo porta o a compiere un’azione o, se non è possibile, a permanere in uno stato di tensione fisica e psichica.
Cosa può fare allora un genitore per aiutare il bambino a fronteggiare la sua paura?
Sicuramente è fondamentale che il bambino possa raccontare la sua paura al genitore e che quest’ ultimo non sminuisca o sbeffeggi il contenuto che gli viene riportato o peggio ancora che utilizzi la paura come monito di obbedienza.
È fondamentale che nel bambino si cominci a costituire il ruolo della compagnia come antidoto alla paura per cui possiamo pensare di accompagnare il bambino nel posto temuto, oppure guardare insieme a lui quei mostri che ha visto nel cartone che tanto lo hanno spaventato e spostare il focus attentivo su altri dettagli che magari trasformeranno quella scena da terribilmente spaventosa a divertente.
Per concludere, quando le paure del bambino fanno la loro comparsa o si mantengono attive in un’età che supera quella fisiologica, quando sono talmente intense da divenire ingestibili per il bambino e il genitore e impediscono una qualità di vita adeguata impedendo esperienze fondamentali ai fini dello sviluppo, è bene ricorrere all’aiuto di uno Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale e specialista nel trattamento EMDR. Infatti, molti studi scientifici e fonti autorevoli come la American Psychiatric Association (APA) affermano che la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e il trattamento EMDR sono i trattamenti di prima linea indicati per la gestione della paura in età evolutiva poiché aiutano il bambino a gestire le sue emozioni e a sviluppare pensieri più positivi generando così più serenità sia in lui sia nella sia famiglia.
BIBLIOGRAFIA
Crotti, E., & Magni, A. (2013). Bambini e paure. IL CASTELLO SRL.
Ruffino, G. (2020). Sistemi motivazionali, meccanismi di difesa e arousal. Psicologia, 22, 49.
SITOGRAFIA