Per quasi metà della decennale carriera di Britney Spears come pop star di fama mondiale, la cantante di “Womanizer” non ha avuto il pieno controllo della sua vita.
Britney è stata sotto la tutela di suo padre, Jamie Spears, dal famigerato esaurimento della cantante 12 anni fa che ha portato al suo ricovero e alla riabilitazione. Sebbene lo stigma che circonda la sua battaglia con la salute mentale continui dal 2007, la sua carriera non ha mai vacillato, segnando un ritorno ufficiale con il suo album “Circus” del 2008 in cui la pop star ha continuato a pubblicare dischi, tour e a lanciare iniziative imprenditoriali.
Nonostante le numerose rimonte, i fan di lunga data di Britney hanno espresso la loro insoddisfazione nel vedere la pop star continuare da essere sotto osservazione a 38 anni. Convinti che anche la cantante stessa voglia essere libera dal vincolo legale, i fan hanno lanciato il movimento FreeBritney, utilizzando i social media per sensibilizzare le discrepanze che circondano questa situazione.
Britney infatti è stata sottoposta a tutela in seguito al suo collasso pubblico nel 2008 e, dopo un anno di comportamenti apparentemente irregolari, come radersi la testa e attaccare l’auto di un paparazzo con un ombrello, la cantante è stata portata in un ospedale psichiatrico per una sorta di trattamento sanitario obbligatorio. A quel tempo, Jamie ha presentato una petizione ai tribunali per una tutela “temporanea” di emergenza, alludendo al fatto che sua figlia non era in grado di prendersi cura e gestire adeguatamente se stessa durante le sue difficoltà. Da lì, il padre ha avuto il diritto legale di supervisionare e prendere decisioni in merito alle finanze, alla salute, agli affari e alla vita personale di Britney che ha gestito fino al 2019.
Sebbene ci siano molte indicazioni che la signora Spears avesse bisogno di supporto in quel momento, ciò che è insolito sono i processi giudiziari che hanno fornito quel supporto. In California esistono diversi tipi di tutela dove in genere, gli individui che si presentano principalmente con sintomi di disturbo mentale, ottengono quella che viene definita “LPS conservatorship”, termine legale che dà ad un adulto la responsabilità di supervisionare il trattamento medico completo di un adulto che ha una grave malattia mentale. Gli individui con disturbi neurocognitivi o demenza hanno maggiori probabilità di essere indirizzati verso la stessa forma di tutela di Britney, ovvero quella progettata per proteggere le persone che non possono più agire nel proprio interesse. E anche a quel punto, una tutela è vista come l’ultima risorsa. I supporti informali, come l’uso di fiduciari e supporti interni, sono raccomandati per migliorare l’autonomia del cliente prima che vengano presi in considerazione i supporti formali, come la tutela.
Il tipico “tutelato” è, dunque, un individuo anziano con demenza che è stato in grado di gestire i propri affari in passato, ma ora sta andando incontro a un declino cognitivo e funzionale. Nella questione attuale, ci sono molti elementi strani da considerare: nel caso di Britney l’età del cliente, la natura dei presunti sintomi e le capacità funzionali sono diverse dal tipico soggetto della tutela. Per questi motivi i fan di Britney sono stati a lungo diffidenti nei confronti dei termini della tutela e si sono spesso chiesti se fosse nel migliore interesse di Britney.
Recentemente, il movimento FreeBritney è rinato a causa di un documentario del New York Times, chiamato Framing Britney Spears, che fornisce una panoramica della battaglia per la tutela della Spears finora. La tutela aveva lo scopo di proteggere la Spears, ma il documentario sostiene che coloro incaricati del suo benessere – incluso suo padre, Jamie Spears – potrebbero non aver sempre avuto a cuore i suoi migliori interessi, lasciandola vulnerabile a una stampa indiscreta con un appetito insaziabile per lo sfruttamento. I fan e gli attivisti stanno, quindi, usando il documentario per rivendicare la narrativa sulla salute mentale.
Quando la Spears è stata fotografata mentre si scagliava contro i paparazzi per le strade, i media si sono affrettati a usare etichette come “pazza” ed “esaurimento”, parole che presto sono entrate nel lessico pubblico ogni volta che si è discusso sulla vita della cantante. Visto sotto l’obiettivo di oggi, il documentario rivela quanto siamo progrediti quando si tratta di destigmatizzare la malattia mentale, ma anche quanto fosse ingiusto per la Spears affrontare i suoi demoni da sola: se guardi le star di oggi che hanno problemi con la salute mentale o la dipendenza, c’è molta più empatia rispetto all’era del “crollo “di Britney”. Secondo molti ciò avrebbe qualcosa a che fare con Britney e, in definitiva, con la riflessione della società su ciò che accade quando provi a capitalizzare il crollo di qualcuno.