1. Quanto dura una Psicoterapia Cognitivo Comportamentale?
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è un intervento psicoterapeutico (e quindi non psicofarmacologico) piuttosto breve ma l’esatta durata della terapia varia a seconda delle situazioni. Nella maggior parte dei casi tale metodo prevede che nei primi 4/5 colloqui iniziali dovrà essere formulata una diagnosi dettagliata in cui saranno somministrati dei test psicodiagnostici e sarà esplorata la storia di vita. Successivamente, dopo aver inquadrato dettagliatamente il problema, i primi cambiamenti di verificheranno già a partire dalle prime sedute del trattamento.
2. Le sedute di una psicoterapia cognitivo comportamentale sono settimanali?
Nelle prime fasi del trattamento di una Psicoterapia Cognitivo Comportamentale le sedute possono essere sia a cadenza settimanale sia quindicinale, La frequenza delle sedute sarà concordata durante il primo colloquio e si stabilirà con certezza sia in base al tipo di problema presentato sia alle esigenze della persona stessa.

Una volta ottenuto un primo miglioramento della situazione problematica presentata, la frequenza delle sedute viene distanziata per permettere alla persona di sperimentare nella propria vita quotidiana le ritrovate risorse e le nuove capacità di affrontare gli eventi in modo che non si venga a creare una forte dipendenza dallo psicoterapeuta.

La terapia si conclude infine con 3 controlli condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla conclusione della terapia, per verificare il mantenimento dei progressi nel tempo.

3. Quanto dura una seduta?
La seduta di una Psicoterapia Cognitivo Comportamentale dura mediamente un’ora. Tuttavia, può prolungarsi fino ad un’ora e trenta minuti se nella fase della terapia si utilizzano specifici protocolli d’intervento (Es. tecniche immaginative, esposizione con prevenzione della risposta ed EMDR), mantenendo invariato l’onorario del terapeuta.

Infatti, la regola fondamentale seguita dal terapeuta cognitivo comportamentale è sempre l’estrema flessibilità, guidata sempre però da specifici obiettivi prefissati.

4. La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale dà risultati duraturi nel tempo?
Secondo i controlli effettuati a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, la presenza di eventuali ricadute è minima poiché si verifica un’estinzione totale del sintomo a cui consegue una migliore qualità della vita della persona.

I risultati delle ricerche effettuate da enti nazionali e internazionali come l’APA (American Psychiatric Association) hanno confermato infatti sia un’elevata efficacia dell’intervento alla fine del trattamento sia il mantenersi di tali risultati nel tempo.

5. La psicoterapia cognitivo comportamentale prevede l'utilizzo di farmaci?
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è un intervento di tipo psicoterapeutico e non prevede l’utilizzo di psicofarmaci. Tuttavia, se il paziente arrivasse in terapia con una cura farmacologica in corso, si suggerisce di proseguire la psicofarmacoterapia seguendo le indicazioni del proprio medico curante (medico di famiglia, psichiatra, neuropsichiatra o neurologo). Infine, sarà dovere dello psicoterapeuta, in seguito a consultazione con il farmacologo curante, rendere in grado il paziente di ridurre gradualmente l’utilizzo dei farmaci promuovendo le risorse personali, fino ad arrivare ad una completa interruzione della farmacoterapia.

La sospensione della terapia farmacologica avviene generalmente per tutte le forme di ansia generalizzata, attacchi di panico, disturbo ossessivo compulsivo, depressione maggiore, ipocondria, agorafobia, fobie specifiche e disturbi alimentari. Fanno eccezione a questa regola rari casi, solitamente disturbi psicotici o disturbi bipolari, in cui il terapeuta può ritenere utile una terapia di tipo integrato e ricorrere quindi alla continua collaborazione con il farmacologo. Infatti in questi casi lo psicoterapeuta, in accordo con il paziente, richiede al collega medico un supporto farmacologico che permetta di ottimizzare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento psicoterapeutico.

6. Credo che un mio familiare abbia dei problemi che potrebbero essere risolti con una Psicoterapia Cognitivo Comportamentale ma la persona in questione non vuole rivolgersi ad uno specialista. Cosa posso fare?
Molto spesso le persone che presentano determinati tipi di problemi, come disturbi di personalità o particolari difficoltà relazionali, rifiutano di rivolgersi ad uno psicoterapeuta o appaiono estremamente resistenti a qualsiasi tipo di intervento. In questi casi la famiglia, se adeguatamente indirizzata, può svolgere un ruolo fondamentale e determinante nel trattamento del disturbo. In queste situazioni il terapeuta cognitivo comportamentale è solito fare un primo incontro con i familiari o con altre persone che sono vicine a colui che manifesta il problema e valutare con loro cosa sia possibile fare per intervenire.

Lo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale potrà quindi dare indicazioni su come cercare di coinvolgere il “portatore del disturbo” nella terapia, oppure dare indicazioni concrete ai familiari su come comportarsi relativamente alla persona e al disturbo in questione, ricorrendo così ad una forma di terapia indiretta. In seguito a questo intervento può capitare che il “paziente designato” decida di entrare in terapia in un secondo momento. Negli altri casi la terapia procede solo in maniera indiretta.

7. La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è una terapia puramente sintomatica? E se sì, c'è il rischio che una volta risolto un sintomo si vada incontro a sintomi sostitutivi?
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale si occupa non solo di eliminare i sintomi (es. attacchi di panico, ossessioni o basso tono dell’umore) e i comportamenti disfunzionali per i quali la persona è venuta in terapia ma produce anche il cambiamento delle modalità attraverso cui la persona si relaziona con sé e gli altri. Questa forma di Psicoterapia non rappresenta quindi una terapia puramente sintomatica ed è proprio per questo motivo che, una volta risolto il problema portato in terapia, non si sviluppano sintomi sostitutivi.
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